La storia del blu di Barilla è davvero affascinante e rappresenta un esempio perfetto di come un’idea audace possa trasformarsi in un’icona riconoscibile nel tempo. Tutto ebbe inizio nel 1952, quando Pietro Barilla decise di compiere un grande passo: passare dalla vendita di pasta sfusa a quella confezionata, con l’obiettivo di offrire un prodotto più pratico e di qualità superiore.
Ma la vera mossa geniale fu la scelta del colore della confezione.
In un’epoca in cui i colori nel settore alimentare erano spesso vivaci e riflettevano gli ingredienti (come il rosso per il pomodoro o il verde per le verdure), Barilla optò per il blu, un colore praticamente assente nel packaging alimentare dell’epoca.
Questa scelta non fu casuale: si ispirò alla tradizionale carta blu utilizzata dai negozianti per avvolgere la pasta sfusa, creando così un legame tra prodotto e tradizione, pur innovando con un colore che si distingueva nettamente sugli scaffali.
Quell’anno, l’azienda introdusse anche l’iconico ovale rosso nel logo, un dettaglio che contribuì a rendere il marchio ancora più riconoscibile. Inoltre, Pietro Barilla decise di concentrarsi esclusivamente sulla produzione di pasta, abbandonando il settore della panetteria, una scelta che dimostrò grande coraggio e visione strategica.
Il risultato fu un successo clamoroso: il blu divenne il colore distintivo di Barilla, simbolo di affidabilità, qualità e tradizione italiana. Questa lungimirante strategia di marketing si rivelò vincente, perché ancora oggi il blu Barilla è immediatamente riconoscibile in tutto il mondo, associato a un prodotto d’eccellenza.
È sorprendente come un semplice colore possa diventare un’icona così forte, capace di attraversare decenni e culture diverse, mantenendo intatta la sua forza comunicativa. La storia del blu Barilla ci insegna che, a volte, per distinguersi, è sufficiente avere il coraggio di osare e pensare fuori dagli schemi.
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